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domenica 18 novembre 2012

SANT’ELISABETTA D’UNGHERIA TESTIMONE DELLA CARITA’


Omelia della nostra sorella Giovanna in occasione del triduo di S. Elisabetta

Innanzi tutto ringrazio P. Arsenio che anche questa volta dà a noi dell’ordine francescano secolare l’opportunità di parlarvi dei nostri Santi protettori ma soprattutto dei nostri esempi da seguire, come è appunto Santa Elisabetta d’ Ungheria  patrona dell’ ordine secolare.
Un anno fa sono stata invitata a parlarvi della santità di Elisabetta oggi ci soffermiamo sull’aspetto della carità.
La sua breve ma intensissima vita è piena di straordinari episodi, che mettono in luce come Elisabetta ha vissuto l’aspetto della carità, fatta di azioni e gesti appassionati tutti tesi, in ogni momento, in ogni situazione, in ogni condizione, a manifestare l’amore a Colui che per amore si è dato totalmente a noi. – tutto ciò che fa Elisabetta, lo fa PER AMORE DÌ GESU’ ed è questo che la rende santa.
Elisabetta nella sua giovane età ha un’idea molto moderna e innovativa del vivere la fede e del fare la carità; sicuramente anche scioccante nel tempo in cui viveva appunto nel medioevo.
Elisabetta è regina, e anche in questo vive ed attua un concetto di una regalità tutto nuova, è una regina che non si appropria dei beni, ma li condivide, è una regina che non si fa servire ma che si fa serva di tutti e in particolare degli ultimi, ed è, soprattutto una regina prostrata giorno e notte davanti all’unico vero re, che riconosce, il Signore Gesù, vive di Lui e si ciba di Lui e della sua Parola.
Credo che in questi momenti di meditazione la lettera di San Paolo ai Corinzi sia stato il suo pane quotidiano assimilandola fino in fondo, fino a diventare energia vitale mettendo in pratica quanto dice: (I Cor. 13,3-8)                                                                                                                                   “E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.  Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.  La carità non avrà mai fine.” 
La vita e l’ opera di Elisabetta e fondata su questo ed è pura testimonianza tutta avvolta nella carità che è Dio.
Ella mette in pratica questo credo, questa fede, sposando appieno e abbracciando con gioia il programma d’ amore che Francesco d’ Assisi  in quel tempo andava predicando. Incarna e interpreta  in maniera eccelsa il concetto dell’essere “fratelli e sorelle della penitenza” - Elisabetta è la primordiale francescana secolare, è la capostipite dei terziari francescani che ai suoi tempi si chiamavano appunto “ fratelli e sorelle della penitenza”- a cui ci chiama ancora oggi la Chiesa sulle orme di S. Francesco.-                                                                                                        Elisabetta vive pienamente nei fatti e ci indica come la via della penitenza e della conversione non è qualcosa di mortificante e di lugubre ma vivere la penitenza è per Elisabetta  soprattutto e innanzi tutto un programma d’ amore e di crescita nell’ amore – anche questo è un’ altro modo molto moderno del suo stile per come interpreta il concetto della penitenza e probabilmente anche scandaloso a quel tempo.-                                                                                                                      Sente forte in lei questa vocazione di essere pienamente calata nel tessuto sociale e di operare tra gli uomini con amore, misericordia e carità e lo fa per due motivi :
- crede che così si rinnovino i rapporti tra gli uomini e                                                                                       - si rinnovino si rafforzino i rapporti tra gli uomini e Dio.                                                                                           Questo è l’ annuncio salvifico che sente di dover portare.  – qui mi ricorda San Francesco “ va e ripara la mia Chiesa”-.
Altro aspetto importante e che Elisabetta non vive ed opera la carità con stile romantico e sdolcinato con la sua vita ci dice  che la felicità non sta nell’aggrapparsi alle sicurezze materiali o rifugiarsi in  una religiosità disincarnata, ma sta nello spendersi, nel compromettere la propria vita, nel mettere in gioco il talento ricevuto, la grazia ricevuta, e di farlo  tra gli uomini, con gli uomini, per gli uomini, fratelli che il Signore ci ha donato, e Lei lo  fa fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo momento della propria vita. - come ascolteremo tra qualche sera nel suo transito.-
La sua carità ha varie caratteristiche: si fa audace, ha senso di giustizia, va contro corrente, non si limita all’azione immediata. Si fa provvidente, educatrice, aiuta a crescere e ad alzare la testa, dando a ciascuno non solo il necessario per sopravvivere, ma anche gli strumenti, la dove è possibile, per lavorare e per affrontare il futuro. Restituisce così dignità al povero, al più debole, additando a tutti la necessità di partire dai più deboli, di tenere conto dei più deboli proprio come fatto di civiltà.                                                                                                                         Elisabetta cerca di curare e custodire ogni dignità negata, violata, calpestata, non ci sono limiti alla sua donazione, al suo impegno per il bene, perché la sua misura è la misura altissima, è quella della passione di Cristo crocefisso.
Quando ormai non più regina, cacciata dal castello e potrà disporre così pienamente di se stessa, arriverà ad accogliere come figli i malati più ripugnanti, sentendoli come il dono più prezioso del Signore, sentendo tutta la gioia di potere in loro “lavare il Signore”, accudire le sue membra. Questa è la grandissima forza delle opere di carità di Elisabetta.
Altra caratteristica della carità che opera Elisabetta è la concretezza costruisce il primo ospedale come laica per soccorrere i malati, i pellegrini, i diseredati, i poveri, dove lei stessa ogni giorno serve con le sue mani;                                  e ancora  altra caratterizza del la sua opera di carità è  il coraggio denunciando, addirittura con l’astensione dal cibo, tutto ciò che è opera di ladrocinio sui poveri, tutto ciò che è stato sottratto alla mensa dei poveri, mettendosi così ancora una volta dalla loro parte; e arriva come donna, a dare esempio di autorità come servizio al bene comune.
Elisabetta pur essendo così lontana nel tempo possiamo dire che è così attuale nei suoi insegnamenti ed esempi da seguire, come non interrogarci sulle situazioni in cui versa la nostra società e guardare a lei  che ci invita a mobilitarci per la pace e il bene , ci richiama al senso della giustizia dell’ onesta operando sempre con amore e per amore.

Pace e Bene
Giovanna Sindaco, Ofs,
15 novembre 2012, in occasione del Triduo per S. Elisabetta

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