Omelia della nostra sorella Giovanna durante il triduo di S. Elisabetta
Innanzi tutto ringrazio la
comunità dei padri cappuccini che anche quest’ anno in occasione del triduo di
S. Elisabetta danno a noi dell’ ordine francescano secolare la possibilità di
una riflessione sulla Santa patrona
dell’ ordine, da condividere con voi dell’ assemblea.
Elisabetta nasce in Ungheria nel
1207 da re Andrea II e la
regina Gertrude.
A quattro anni è già fidanzata, i
suoi genitori l’hanno promessa in sposa a Ludovico, figlio ed erede di Ermanno
I sovrano di Turingia (all’epoca, questa regione tedesca era una signoria
indipendente). Subito viene condotta nel regno del futuro marito, per vivere,
crescere ed essere educata nella famiglia del fidanzato secondo un’ usanza
abbastanza frequente in un epoca di matrimoni combinati dai parenti degli sposi
fin dalla più tenera età.
Nel 1217 Ermanno I muore e gli
succede il figlio Ludovico, che nel 1221 sposa solennemente la quattordicenne
Elisabetta. Ora i sovrani sono loro due. Lei viene chiamata
“Elisabetta di Turingia”. Secondo tutte
le fonti, si trattò di un'unione felice da cui nacquero tre figli, un maschio e
due femmine. Nel 1222 nasce il loro
primo figlio, Ermanno. Seguono due bambine: nel 1224 Sofia e nel 1227 Gertrude.
Ma quest’ultima viene al mondo già orfana di padre. Il quale partito per la
sesta crociata in Terrasanta, non vedrà nemmeno la Palestina: lo uccide un male
contagioso a Otranto. Elisabetta a soli vent’anni con tre figli, è già vedova.
Da qui a poco Elisabetta, che sempre era stata ostacolata dai
parenti del marito, viene cacciata, dalla corte insieme ai figli che in
seguito le verranno tolti.
Fino ad ora abbiamo visto una
panoramica storica di Elisabetta adesso entriamo nella caratteristica della sua
vita: Elisabetta incominciò da subito a distinguersi in virtù e santità di
vita. Con mitezza e dolcezza accettò e affronto la vita senza mai ribellarsi
anzi trasformò ciò che erano organizzazioni, imposizioni degli altri e
avversità della vita in modo semplice e sereno accettando tutto . La sua testimonianza, tutta avvolta nella
carità che è Dio, ci propone la vita cristiana come grazia, dono di Dio,con
tutto quello che può contenere bello e brutto, facile e difficile. Crede
fermamente in ciò che in quel periodo Francesco andava predicando : da Dio che
è il bene, tutto il bene il sommo bene non può che venire bene.
Con questa ricchezza interiore
con serenità amerà l’uomo che gli è stato scelto vivendo con lui pienamente,
anche se per poco, la vocazione matrimoniale; diverrà regina ma sarà una regina che serve e non che si fa
servire,e quando, proprio per questo, sarà cacciata dai familiari del marito,
dal suo castello insieme con i suoi figli va presso un convento e prima ancora
di chiedere ospitalità chiede di recitare il Te Deum, la preghiera di
ringraziamento. Come non leggere in questo suo affrontare le vicissitudini della vita l’ attuazione della perfetta
letizia. Anche questo è una testimonianza di come Elisabetta fosse attratta a
vivere la fede secondo quella spiritualità che si andava diffondendo, la
spiritualità francescana. Le sarà arrivata dritto al cuore la lettera a tutti i
fedeli che Francesco scrive :“Tutti
coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta
la mente, con tutte le loro forze e amano il prossimo come se stessi …..e fanno
degni frutti di penitenza: quanto mai sono felici questi e queste facendo tali
cose e preservando in esse …” (cfr FF 178). Queste sono le parole che
Elisabetta ha certamente sentito nella sua vita dai primi Frati giunti in Germania.
Queste le parole che Lei incarna in maniera eccelsa, rendendo evidente nei
fatti come la via della penitenza, della conversione, non sia qualcosa di
lugubre, fatta di digiuni, e di mortificazioni, ma sia soprattutto e
innanzitutto un programma di amore, di crescita nell’amore, in quell’amore che
ci ha creati e redenti. Questo amore è il Cristo ed ella conobbe ed amò Cristo
nei poveri. E’ fedele a Gesù e al suo Vangelo, attua pienamente le beatitudine
evangeliche: beati i puri di cuore, ed ella e pura e umile, beati i poveri , ed
ella diventa povera, beati i perseguitati, ed ella è perseguitata e in tutto questo non smette mai di essere
grata a Dio. Che bella testimonianza da hai suoi figli quando non avendo più
una dimora comunque ringrazia Dio incoraggiandoli alla vita e alla speranza
come fa con i poveri e gli ammalati che assisterà.
Elisabetta per tutto questo verrà
definita, dal suo padre spirituale ricchezza di Dio e aggiungiamo faro dell’
umanità.
Elisabetta è un vero gigante
della fede, della speranza, della carità, che nella sua intensa se pur breve
vita - morirà infatti a 24 anni - , ci
manifesta tutta la potenza dell’amore del Signore che ha reso fecondo ogni
attimo della sua esistenza, e non solo per il suo tempo, ma per ogni tempo. Anche
per noi oggi è un esempio che incoraggia, penso alle tante famiglie dove, viene
colpita la dignità perché non c’è più fonte di guadagno perché si è perso il
lavoro, dove c’ è incertezza di
mantenere una casa e crescere i figli,
dove i giovani appaiono smarriti e senza futuro. Allora coraggio Dio è con noi questo ci dice
appunto con la sua vita Elisabetta ricchezza di Dio e faro dell’ umanità.
Pace e bene
Giovanna Sindaco, Ofs,
14 novembre 2013, in occasione del Triduo per S. Elisabetta
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