Siamo come fogli bianchi, puliti sui quali mano a mano che si va avanti viene scritto qualcosa
E’ una domanda alla quale non è facile rispondere dal momento che la vocazione, qualunque essa sia, non è mai qualcosa di ben definito, di aritmetico, di geometrico, incanalabile in precisi schemi , né scende e si sviluppa come un fiume nel suo letto.
La vocazione, a mio avviso, si compone di tanti tasselli che maturano nel tempo della nostra esistenza: dai segni più o meno sensibili di cui il Signore ci fa dono sino al cammino umano che percorriamo e che per sempre traccerà la nostra vita.
Siamo come fogli bianchi, puliti sui quali mano a mano che si va avanti viene scritto qualcosa; tutti questi fogli andranno a comporre il libro della nostra vita ma l’ultimo foglio sarà il più bello perché sarà quello dell’incontro con il Signore dei tempi.
Dunque la vocazione ha un suo inizio in qualcosa che ci colpisce profondamente e che lascia il segno indelebile, per sempre. E’ da qui che parte la mia esperienza francescana : avevo circa cinque - sei anni, quando capitai, accompagnato dai miei genitori, davanti al bel presepe nel Convento dei PP. Cappuccini. Mi fermai incantato dinanzi alla grotta … mi divideva una rete metallica alla quale restai aggrappato a lungo soffermando il mio sguardo sul Bambinello. C’era silenzio tutto intorno perché era sera e ci accompagnava un fraticello di nome Frà Egidio, tutt’ora vivente; quel momento, quel luogo erano un incanto. 1° segno.
Passano alcuni anni e il mio amico Benedetto mi porta con sé in GIFRA; ogni sera ci si incontrava con gli amici, si condivideva il gioco, il pane, i pensieri, le risate, i dolori; in quel momento imparai a vivere da francescano: non ero più solo e la mia vita era da condividere con altre persone. 2° segno.
Passano alcuni anni, anni difficili, anni di contestazione, incontrai in GIFRA una ragazza della mia stessa età. Imparammo a conoscerci, ad entrare in piena sintonia e ad amarci; dopo un po’ divenne mia moglie. 3° segno.
Le difficoltà della vita ed i problemi più grandi di noi ci portarono ad allontanarci per un lungo periodo da quell’ambiente nel quale eravamo cresciuti; tutto sembrava finito… ma era solo un deserto che dovevamo percorrere per ritrovarci ancora nella nostra vocazione francescana. Infatti celebrammo il 25° anno di matrimonio nella Chiesa dei PP. Cappuccini al C.so Vitt. Emanuele, riprendendo i contatti con i componenti del nuovo Ordine Francescano Secolare del quale mia moglie ed io a tutt’oggi facciamo felicemente parte. 4° segno.
Questi sono i segni umani che hanno accompagnato questo percorso e che mi hanno consentito di rafforzare la mia fede, di impegnarmi come francescano nel servizio alla Chiesa come diacono, di sentirmi parte di essa, di far parte di una fraternità che ci ama e che noi amiamo come riflesso dell’amore grande del Signore dei tempi.
Ma il percorso continua, ci sono universi la cui bellezza è ancora tutta da scoprire e che ci ricon-durranno dinanzi alla grotta a contemplare la bellezza di quel Bambinello benedicente nella Gerusalemme celeste accompagnati da Francesco d’Assisi.
E’ una domanda alla quale non è facile rispondere dal momento che la vocazione, qualunque essa sia, non è mai qualcosa di ben definito, di aritmetico, di geometrico, incanalabile in precisi schemi , né scende e si sviluppa come un fiume nel suo letto.
La vocazione, a mio avviso, si compone di tanti tasselli che maturano nel tempo della nostra esistenza: dai segni più o meno sensibili di cui il Signore ci fa dono sino al cammino umano che percorriamo e che per sempre traccerà la nostra vita.
Siamo come fogli bianchi, puliti sui quali mano a mano che si va avanti viene scritto qualcosa; tutti questi fogli andranno a comporre il libro della nostra vita ma l’ultimo foglio sarà il più bello perché sarà quello dell’incontro con il Signore dei tempi.
Dunque la vocazione ha un suo inizio in qualcosa che ci colpisce profondamente e che lascia il segno indelebile, per sempre. E’ da qui che parte la mia esperienza francescana : avevo circa cinque - sei anni, quando capitai, accompagnato dai miei genitori, davanti al bel presepe nel Convento dei PP. Cappuccini. Mi fermai incantato dinanzi alla grotta … mi divideva una rete metallica alla quale restai aggrappato a lungo soffermando il mio sguardo sul Bambinello. C’era silenzio tutto intorno perché era sera e ci accompagnava un fraticello di nome Frà Egidio, tutt’ora vivente; quel momento, quel luogo erano un incanto. 1° segno.
Passano alcuni anni e il mio amico Benedetto mi porta con sé in GIFRA; ogni sera ci si incontrava con gli amici, si condivideva il gioco, il pane, i pensieri, le risate, i dolori; in quel momento imparai a vivere da francescano: non ero più solo e la mia vita era da condividere con altre persone. 2° segno.
Passano alcuni anni, anni difficili, anni di contestazione, incontrai in GIFRA una ragazza della mia stessa età. Imparammo a conoscerci, ad entrare in piena sintonia e ad amarci; dopo un po’ divenne mia moglie. 3° segno.
Le difficoltà della vita ed i problemi più grandi di noi ci portarono ad allontanarci per un lungo periodo da quell’ambiente nel quale eravamo cresciuti; tutto sembrava finito… ma era solo un deserto che dovevamo percorrere per ritrovarci ancora nella nostra vocazione francescana. Infatti celebrammo il 25° anno di matrimonio nella Chiesa dei PP. Cappuccini al C.so Vitt. Emanuele, riprendendo i contatti con i componenti del nuovo Ordine Francescano Secolare del quale mia moglie ed io a tutt’oggi facciamo felicemente parte. 4° segno.
Questi sono i segni umani che hanno accompagnato questo percorso e che mi hanno consentito di rafforzare la mia fede, di impegnarmi come francescano nel servizio alla Chiesa come diacono, di sentirmi parte di essa, di far parte di una fraternità che ci ama e che noi amiamo come riflesso dell’amore grande del Signore dei tempi.
Ma il percorso continua, ci sono universi la cui bellezza è ancora tutta da scoprire e che ci ricon-durranno dinanzi alla grotta a contemplare la bellezza di quel Bambinello benedicente nella Gerusalemme celeste accompagnati da Francesco d’Assisi.
Gianni Improta
Nessun commento:
Posta un commento