Se oggi San Francesco tornasse, che tipo di persona sarebbe, come si comporterebbe? Che cosa direbbe? Come potremmo riconoscerlo? Questi sono solo alcuni interrogativi che ogni giorno in molti ci poniamo unitamente ad altre domande che seguiranno nel presente articolo. Attraverso il sentiero riflessivo che percorreremo insieme nel corso della lettura di questo affascinante contributo ritroveremo il senso di appartenenza alla nostra scelta di vita e recupereremo quel comune senso di smarrimento trovando il piacere e la gioia della nostra chiamata missionaria nel nostro tempo
La Missione sociale e religiosa che ritroviamo anche nella Christifideles laici (1988) nell’esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II, impegna ogni laico fedele chiamato dal Signore a realizzare con dignità e responsabilità non solo con le parole, ma con fatti concreti, i messaggi programmatici di rinnovamento delle comunità francescane. La parola deve farsi programma di vita.
Occorre:
- Prestare più ascolto alla voce del Signore per poterlo seguire;
- La nostra vocazione si deve trasformare in missione;
- Vivere in pienezza “la beatitudine della Fraternità”;
- Essere presenti nella società in modo coerente e concreto per portare l’anima francescana nel mondo e per seminare la speranza (Regola Francescana)
In questo mondo ferito dal peccato, in cui il male sembra ovunque presente, prezioso si presenta l’insegnamento di Giovanni nella sua prima lettera: “figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. Ed inoltre ci ricorda: “ Vi riconosceranno da come amerete”.
Da un esame delle FF.FF. può evincersi che la missione è una realtà dinamica non diversa dallo sforzo umano “del fare”, anzi spesso, richiede la coscienza di essere mandati, sia come singoli che come fraternità, ad operare nel mondo e per il mondo.
Gesù stesso chiama ciascuno di noi a diventare suo discepolo, spesso proprio attraverso il dialogo con l’altro.
Lo spazio del dialogo possiede i confini della parola trasmessa: chi la porta non la possiede, chi l’annuncia non la esaurisce.
Cfr Regola 19 II cpv: “ siano ….messaggeri di perfetta letizia, in ogni circostanza, si sforzino di portare agli altri la gioia e la speranza. ( cfr anche le Ammonizioni di S.Francesco, 21)
Perciò il dialogo diventa un dono del cammino missionario del nostro tempo. Il dialogo deve trasformarsi in accoglienza umile e cortese, specie in relazione con i più deboli.
Ma il dialogo necessita prima di tutto, della capacità di ascolto, ove in essa regnano due strumenti universali: L’ Amore e L’Accoglienza.
Per realizzare questa missione non solo occorre un quotidiano rinnovamento, ma non è ipotizzabile rimandare sempre a domani per cominciare, perché “non è lecito a nessuno rimanere in ozio” (CFL,3). Ed ecco che entra in gioco un’importante componente. Seneca ricorda che: “la vita ci è data lunga a sufficienza, se fosse tutta investita bene”.
Ebbene, anche se il tempo non ci appartiene, anche se il tempo non ha padroni, tuttavia il tempo è nelle nostre mani. Ed infatti: Come ogni casa si edifica mattone su mattone, anche la nostra vita e di tutti coloro che ci vivono accanto, si matura minuto per minuto, giorno per giorno. Ciò stante, dovremmo fare della nostra vita una testimonianza anche nel piccolo o con il poco dei nostri valori, senza risparmio, perché nulla è poco se viene offerto con amore.
Manlio Merolla
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